Sessantasei, numero quasi demoniaco (ci vorrebbe un altro sei per chiamare l'esorcista, unico protagonista che manca nell'horror dilagante nel programma) per la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (2-12 settembre) del cambiamento. Ci si aggira in un cantiere aperto, e per una volta nella gestione Müller non è la scenografia di Dante Ferretti a rubare l'occhio, bensì la rivoluzione logistica e urbanistica in atto. Il Palazzo del cinema, dispendioso ma necessario per molti (ma non per tutti, anzi), promessa di Rutelli ora mantenuta dall'attuale governo, sarà una realtà. Anche se in un cinema avvilito da tagli al Fus e una crisi economica e produttiva apparentemente inarrestabile, potrebbe essere la più malinconica delle cattedrali nel deserto.
Cambiati alcuni nomi e aggiunti altri- c'è una Sala Perla 2, il PalaGalileo è diventato la Sala Darsena- anche i più abituali e abituati frequentatori del Lido appaiono un po' disorientati. Passata l'iniziale difficoltà, si comincia subito ad annusare il sapore dell'inaugurazione, l'adrenalina che anticipa la Mostra. E l'apertura sarà tutta italiana, come non accadeva da almeno un paio di decenni: stasera tocca a Mario Monicelli e a La grande guerra la pre-inaugurazione a Piazza San Marco- gratuita sebbene gestita con un sistema di inviti un po' cervellotici-, bel viatico per l'apertura vera e propria di domani.
Se i giornalisti, infatti, avranno un assaggio horror (il primo di tanti) con il Fuori Concorso Rec 2, del duo Balaguerò-Plaza e con la bella Manuela Velasco ancora a combattere con condomini morti viventi, la Mostra si dedicherà al monumentale Baarìa. Giuseppe Tornatore calca di nuovo la passerella lagunare con il film più personale, biografia di una famiglia e di una generazione, tra politica, sentimenti e il paese natìo (Bagheria) interamente ricostruito in Tunisia. A fare gli onori di casa una luminosa Maria Grazia Cucinotta, attrice che proprio qui, con Il Postino di Troisi, colpì critici e appassionati. Una prima a cui pochi vorranno mancare, uno degli eventi più importanti dell'intero anno cinematografico (basta scorgere il cast ipertrofico per quantità e qualità per capirlo), fortunatamente in versione originale: il papocchio della versione italiana presentata in luogo di quella originale in siciliano- e sottotitolata in italiano e in inglese- è stato giustamente evitato. È giusto che sia l'Italia a far la parte del Leone- succederà anche in giuria quando si assegnerà quello d'oro? Un vincitore italiano (ci sono anche Michele Placido, Francesca Comencini e Giuseppe Capotondi) si aspetta da anni- visto che in una rassegna che quest'anno ha privilegiato soprattutto opere prime e seconde e cineasti indipendenti politicamente e artisticamente- scelta in controtendenza con il cartellone di grandi nomi di Cannes- le stelle sono soprattutto tricolori. Sperando che ai divi che hanno già marcato visita, come Charlize Theron e il neosessantenne (è entrato in cifra tonda il 31 agosto) Richard Gere, non se ne aggiungano altri, ci apprestiamo ad accogliere il kolossal del premio Oscar 1990. Sperando che sia l'alba di un Nuovo Cinema Paradiso.